Oggi il quotidiano Stadio-Corriere dello Sport ha dedicato nelle sue pagine bolognesi una mezza pagina alla pallavolo titolando il tutto con un desolante ‘Il volley a Bologna è diventato sport minore’. L’unica giustificazione che si può dare a tale titolo è se rappresenta il commiato della redazione bolognese dalla pallavolo; una scelta editoriale evidentemente rivolta… all’eccellenza (basket di Lega Due, calcio di serie A ma di seconda fascia , e poco altro) che ovviamente non condivido ma che giustifica e rende palese e chiara la rarità di articoli di volley su queste pagine. In caso contrario la negatività del titolo deve essere confutata e allora per il bene del nostro sport bisogna entrare nel merito. Continuare a pensare allo scudetto della Zinella, alla finale del San Lazzaro negli anni Ottanta, ma allo stesso modo allo scudetto del Bologna del 1964 o alla Coppa Europa di Barcellona della Virtus, non porta da nessuna parte. Ci muoviamo in contesti economici e sociali molto diversi da quelli che permisero tali successi e bisogna invece guardare avanti e, se possibile, con lungimiranza. Come Consorzio Vip abbiamo fatto una scelta netta e radicale di sviluppo del senso di appartenenza da parte di tutti i nostri atleti. Il campanile esiste (perché non si chiede a Fortitudo e Virtus di fondersi per giocare per lo scudetto?) e nell’Italia dei mille comuni le fusioni sono un obiettivo precario e il nostro sport ai massimi livelli ne dà tutti gli anni prova palese. Si potranno fare collaborazioni che però non servono allo sport di vertice ma solo ad alimentare le velleità di singole atlete e dei loro genitori. Per questo è molto meglio lavorare ed insistere sullo sviluppo di valori tangibili che rimangono al di là delle congiunture economiche. E qui entra in gioco il blasone e la storia che, ci dispiace per gli altri, è di San Lazzaro e Zinella. Il modo di insegnare la pallavolo, l’ambiente, la disciplina, l’aria che si respira alla Kennedy, al Copernico e nelle altre nostre palestre crea differenza come poter contare su un rapporto quasi simbiotico con un’azienda, la Coveme, che sostiene il nostro lavoro da anni e ne condivide le linee guida. La nostra prima squadra infatti, che come dice il sommarietto gioca nella terza categoria nazionale (per il quinto anno consecutivo), è la traduzione pratica di questa strategia societaria: nove undicesimi sono ragazze nostre, cresciute così e diventate ottime atlete potenzialmente anche da A. E questo gruppo dirigente non ha mai visto andare via atlete per mancanza di opportunità di alto livello, è un problema di altri. Da noi le giovani buone giocano, crescono con le nostre maglie, non vanno via. Ma è un processo lungo, di continuità che stiamo provando a ripercorrere anche con la Zinella per riportarla in alto e che si scontra anche con la carenza di spazi. Noi siamo soddisfatti del cammino compiuto sin qui, non ci sentiamo minori. A San Lazzaro non si intona il de profundis dell’articolo, ci si chiede solo perché lo spettacolo sportivo offerto dalla nostra B1 (che coinvolge alcune centinaia di appassionati con tanto di diretta streaming) sia, da Stadio, considerato minore rispetto a quello offerto da basket femminile o rugby femminile (anche se è serie A) che certamente coinvolge meno pubblico. Strategia editoriale vincente? Dal trend di vendita del quotidiano non si direbbe… gabriele forni