“Papà arrivò a Houston dalla Nigeria nel 1979, mamma lo raggiunse due anni più tardi. Quella è diventata la nostra città, ma quando possiamo torniamo al nostro Paese, dove abbiamo le radici”. Si presenta così, Michael Umeh, trentaduenne guardia che ritrova coach Alessandro Ramagli alla Virtus Segafredo, dopo aver lavorato con lui un’intera stagione, quella che definisce “la mia migliore in italia”, a Verona.
La presentazione va in scena al Museo Virtus, nel cuore della Unipol Arena, e Michael passa da una foto all’altra, facendosi spiegare la storia di quella che è diventata la sua squadra. Intuisce subito che è una storia gloriosa. Gli mostrano una foto di Micheal Ray Sugar Richardson, texano come lui, di Lubbock. “Conosco poco la sua storia, so che è stato un campione della Nba”. Scorre le immagini di Danilovic, Ginobili, Jaric, si sorprende quando vede quella di Rascio Nesterovic. “Anche lui ha giocato qui? Dovrò impararmela bene, questa storia”.

Sorride, Michael. In questo mondo è entrato velocemente. Già ieri, col primo allenamento completo alla Porelli, a nemmeno ventiquattr’ore dallo sbarco al Marconi.
“E’ la prima volta che faccio parte di una squadra con una storia così ricca e importante. Ne sono onorato. Prima di firmare ho avuto contatti con coach Ramagli, certo. Prima un sms, poi ci siamo anche sentiti telefonicamente. E’ stato un fattore importante, parlare con lui mi ha definitivamente convinto. Ho bei ricordi del lavoro fatto insieme. Io ho cercato un’opportunità di alto livello dopo le Olimpiadi, ma non ho dubbi che essere venuto qui sia stata una scelta ottimale, troverò tutte le condizioni migliori per fare il massimo”.
Quello che potrà dare, in termini di esperienza e determinazione, gli è già abbastanza chiaro. “E’ importante che la squadra lavori in gruppo, io porterò le mie conoscenze all’interno di un insieme che mi pare già solido, concreto, affiatato. Sono pronto a prendermi le mie responsabilità, e anche ad aiutare i ragazzi che fanno parte della squadra a crescere, imparando cosa significa essere professionisti”.
E’ appena tornato dalle Olimpiadi di Rio, e il ricordo non lo abbandonerà mai. “Sono qualcosa di unico. Non hai parole per descrivere quel clima, è come trovarsi in un grande parco divertimenti e tu sei il bambino che resta affascinato. Gli atleti sono al centro della scena, curati e coccolati. Un’esperienza incredibile”.
Rilegge la sua storia di ragazzino innamorato del basket, rivede i suoi modelli. “Come tutti quelli della mia età mi incantavo guardando Michael Jordan, Penny Hardaway. Poi, facendo del basket un mestiere, ho preso a guardare tutto quello che posso di quel campionato. C’è sempre da imparare… In America il gioco è molto fisico, atletico, in Europa l’intelligenza tattica fa la differenza”.
Inevitabile un accenno al derby ritrovato. “Mi hanno già raccontato qualcosa di quella partita, del fatto che è unica. Ma quanta gente ci sarà?. E’ una grande opportunità, sarà certamente una sfida speciale e andremo in campo per portarla a casa”.
INSEGUIMENTO A FARI SPENTI – Tocca al Gm Julio Trovato raccontare come si è concretizzata l’idea Umeh. “L’avevamo in mente fin dall’inizio, Michael è stato da subito uno dei nostri obiettivi, cercavamo un giocatore con indiscusse qualità tecniche e in grado di dare solidità a un gruppo di persone vere. E’ stata un’operazione molto lunga, perché era impegnato con le Olimpiadi e aveva anche l’ambizione di giocare ad alti livelli. Io devo ringraziare la società, l’AD Loredano Vecchi che è qui presente, tutto il Consiglio di Amministrazione, per aver avuto pazienza e capacità di attendere per chiudere un’operazione importante. Abbiamo fatto un ottimo gioco di squadra, che ci ha anche permesso di sviare un po’ l’attenzione, perché avevamo bisogno che Michael firmasse per noi e che il nostro interesse restasse riservato”.