Nel basket non esiste una sola partita ne esistono tante. Ci sono le partite della stagione regolare in Italia e in Europa poi c’è la Coppa Italia e la Supercoppa italiana poi ci sono in tutte le manifestazioni i play off, un modo per assegnare titoli mutuato dagli Usa. Nei play off e anche nelle Coppe che prevedono le finali a più squadre con eliminazione diretta, ci sono partite senza appello, se perdi quelle sei fuori.

Una squadra può avere vinto tutte le gare anche di 30 punti ma, alla fine per vincere, deve rimettere in palio la propria leadership e combattere contro le altre meglio classificate. Queste gare sono ovviamente quelle che decidono una stagione e il livello tecnico-agonistico si alza notevolmente.

Per vincere questo tipo di gare i giocatori debbono possedere caratteristiche di eccellenza e soprattutto essere abituati a giocarle. Un giocatore può essere molto bravo ma inesperto di questo tipo di partite e se in una squadra hai molti giocatori di questo tipo rischi di rimanere a bocca asciutta.

La Virtus, con Djordievic, ma con altri interpreti, ha al suo attivo due vittorie in gare senza appello: semifinale e finale ad Anversa  che le consegnarono la Basket Champions League. Inoltre può vantarsi della vittoria nella semifinale col San Lorenzo de Almagro nella Coppa Intercontinentale 2020 a Tenerife.

Anche le sconfitte sono tre e tutte con gli interpreti attuali: la finale di Coppa Intercontinentale con Gran Canaria e le due nei quarti di finale di Coppa Italia a Pesaro e ieri sera al Forum, entrambe con Venezia. E’ innegabile che la Reyer, statistiche alla mano, è il cliente peggiore da trovare in questo tipo di partite, ancor più di Milano.

La squadra di De Raffaele e del proprietario-sindaco Brugnaro è più o meno la stessa da 4 anni, ha tanti uomini abituati a giocare, e soprattutto vincere, queste gare. Quando conta gli orogranata state certi che ci sono, lo scorso anno si qualificarono da ottavi per il rotto della cuffia, la Virtus non aveva niente da farsi perdonare, più che essere prima con distacco non avrebbe potuto fare. Ma se i Veneziani hanno conquistato due scudetti in 3 anni una ragione ci sarà. Tonut e Bramos (per citare le punte di diamante) difficilmente sbagliano le partite decisive 

Nella consueta conferenza stampa, a caldo, Sale Djordievic ha parlato di stanchezza fisica e mentale della squadra, certamente molto legata alle rotazioni fortemente accorciate causa i due infortuni nel settore degli esterni anche se non nei ruoli. Però quello che il coach non ha potuto dire, ovviamente, riguarda anche altro.

Innegabile che la Virtus abbia fatto investimenti importanti, tra l’altro in un periodo economico assai difficile e complicato, e gli italiani da prendere erano quelli, Milano è arrivata a Datome mentre la Virtus è andata su Belinelli. Gli altri italiani che potevano allungare le rotazioni e impreziosire l’organico anche in proiezione futura erano pochi e sono arrivati qui (Abass, Alibegovic e Tessitori). Se a questo punto della stagione si dovesse stilare un bilancio di quanto i nuovi arrivi hanno inciso nel rendimento della squadra non sarebbe certamente positivo e non solo per colpe loro.

I tre ragazzi ancorchè molto attesi e molto “pompati”, specie Abass, inseguito per oltre un anno e oggetto del desiderio della Virtus, ritenuto quasi irraggiungibile, hanno fornito un rendimento molto altalenante e non certo decisivo anche per l’impiego che ne è stato fatto. Se si fosse tuttavia valutato il rendimento precedente, alla luce del minutaggio estremamente limitato, era facilmente intuibile capire come sarebbero andate le cose.

Dei tre Amedeo Tessitori è quello che, fino al suo infortunio, ha fornito il rendimento più costante ma anche per lui, in tante partite, l’impiego è stato tanto limitato da divenire ingiudicabile ed ininfluente. Nelle occasioni in cui ha avuto modo di stare in campo di più, non si è fatto scappare l’occasione e ha anche messo in vetrina le sue qualità, specie in attacco.

Gli altri due hanno avuto poche occasioni di mettersi in mostra e, per la verità, in alcune partite, pur avendone l’occasione non hanno inciso. I due vengono da stagioni in cui restavano sul parquet molto a lungo erano abituati ad essere al centro di giochi costruiti per loro. Qui invece debbono abituarsi ad un ruolo marginale, entrare e in pochi minuti dare il massimo incidendo sul rendimento della squadra e sul risultato della partita.

Non è facile e nemmeno rapido l’adattamento e, a volte, non riesce. E’ chiaro però che è da questo che dipenderanno le sorti della Virtus di quest’anno, il roster ormai è questo e non sono previsti nè aggiornamenti nè nuovi arrivi. Pertanto le Vnere dovranno fare i risultati per gli obiettivi mancanti in questo modo.

Quando Djordievic a febbraio parla di stanchezza, in una stagione che termina a giugno, diciamo che le cause sono principalmente queste: gli infortuni di Belinelli e Pajola ma anche lo scarso impiego degli altri che, forzatamente, hanno costretto quelli più impiegati ad un superlavoro, specialmente i due serbi.

Non è un mistero per nessuno che la Virtus attuale sia una squadra atipica come assetto, che gioca pressochè costantemente con due giocatori ai vertici delle statistiche degli assist e questa superproduzione contribuisce in modo determinante a issarla ai vertici delle percentuali del tiro da due, intorno al 70%. 

Ovviamente però gli avversari non stanno a guardare e studiano i punti deboli dei bianco neri, ieri sera De Raffaele ha deciso di limitare Gamble sfidandolo a un tiro da 2-3 metri che non ha nelle sue corde ma impedendogli, in pratica, il tiro in avvicinamento, la sua specialità. Il coach livornese ha deciso, non ci voleva molta fantasia, di difendere in modo durissimo su Milos Teodosic ed in questo è stato favorito dal solito arbitraggio “italiano”. I nostri arbitri sono generalmente scarsi e i tre dei quarti di finale ieri sera non fanno eccezione.

Siccome non sanno tenere in pugno la gara oggi la tendenza degli arbitri è quella di non fischiare. Dimenticando che la loro presenza sul parquet serve solo per applicare il regolamento tecnico.

Nel basket i contatti vanno fischiati “tutti”, il concetto secondo cui “se fischiamo tutto si finirebbe tre contro tre” è una stupidaggine inqualificabile, sarebbe come se il limite di velocità sulle autostrade venisse adattato al comportamento degli automobilisti e non già il contrario.

Ieri sera nel 4° quarto l’impietoso replay ha mostrato, in una stessa azione, 3 falli su Teodosic che con una mano palleggiava ed utilizzava la sinistra per togliere le mani dal corpo. 

Situazione imbarazzante che determina poi, inevitabilmente, proteste e relativi tecnici (ieri due) perchè la terna ne ha combinate di cotte e di crude, canestro di Weems in contropiede da convalidare su tutte. La Virtus dovrà farsi sentire perchè proteggere il suo fuoriclasse è indispensabile per lo spettacolo.

(Lucio Bertoncelli – foto fornita dalla società)

Lucio Bertoncelli, bolognese di nascita, appartiene a una famiglia che ha fornito alla Virtus Bologna due giocatori: lo zio Dario) e il cugino da parte di madre Sergio (Gino) Ferriani. Entrambi figuravano nella Virtus dei primi scudetti. Gino Ferriani fu anche una colonna della nazionale e partecipò alle Olimpiadi di Londra 1948 ed Helsinky 1952. Dopo aver indossato la maglia bianconera delle giovanili a dodici anni, allenatore Gianni Corsolini, giocatore di serie B a Modena, prestissimo allenatore a Sassuolo, Modena e Carpi. Terminata la carriera di allenatore è starò collaboratore del Resto del Carlino ed ha seguito le vicende del basket Carpigiano fino all’anno 2000.